“C’è di peggio”
“L’importante è la salute”
“Poteva essere un tumore”
“Però alla fine, sei più sana di me”
“Ma chi t’ammazza a te”
Potrei appuntare e condividere centinaia di frasi così.
Le frasi fatte.
Che arrivano nella nostra pancia come delle lame taglienti e fredde.
Frasi che lacerano e poi ci chiudono.
Allora si pensa che l’arma migliore sia tacere, fare spallucce, proseguire il cammino senza più proferire parola.
Tenere dentro, ancorato il più possibile al petto.
Chiudere ermeticamente le parole in fondo allo stomaco.
Da qualche tempo ho deciso di abbassare quella maschera.
Ho deciso di parlare del diabete di tipo 1 anche quando mi vengono servite queste frasi preconfezionate.
Perché succede, basta rompere il muro della conversazione statica e accadono dei piccoli miracoli.
La mia comunicazione è senza maschere.
Ho deciso di essere trasparente, fin dall’inizio, fin dal primo giorno del blog la mia comunicazione è stata nuda e cruda.
Ma dal vivo, avevo ancora qualche riserva, perché un conto è raccontarsi a voi, a “gente del mestiere”.
Un conto è raccontarsi fuori, dove il tempo di attenzione è limitato alla domanda posta.
La risposta a volte, non viene nemmeno ascoltata.
Ma non demordo, perché credo sia importante provarci sempre.
Anche quando ti si rizzano i peli sulle braccia e ciò che senti stride fino a farti sanguinare le orecchie.
Io non demordo.
Io sono qui.
Con amore.