Io conosco un supereroe

09 | 06 | 2022

“Io conosco un supereroe”

 

Continuo a rigirarmi nel letto, provo una strana sensazione che non sono in grado di descrivere né d’identificare.

Fianco destro, poi sinistro, supino… che inusuale libertà di movimento … nulla che mi impedisca di assumere la posizione che preferisco, nessun ago che punga alla minima pressione, o pelle irritata perché il cerotto è troppo stretto.

Istintivamente allungo la mano sotto le coperte ed inizio a tastare ogni parte del mio corpo ma non trovo nulla; agitato scivolo con la mano sotto gli indumenti e continuo a ispezionare, ora in maniera quasi frenetica …. ma sempre vana. 

Con un balzo improvviso scendo dal letto, mi spoglio guardandomi allo specchio ma ancora senza esito.

Che fine hanno fatto tutte le mie dotazioni?

Ricordo ancora il giorno in cui avevo visto mio cuginetto guardarmi spaventato ed allora, un po’ per rassicurarlo un po’ per darmi un certo tono, gli avevo mostrato con orgoglio il sensore della glicemia posto sul mio braccio e il microinfusore che avevo sulla pancia, rassicurandolo su ogni sua paura o dolore che pensava io potessi provare.

Quasi per scherzo gli dissi che quello era il mio equipaggiamento per essere più forte: ero un uomo bionico. 

Lui mi aveva sorriso e io avevo colto nei suoi occhi un guizzo di ammirazione. Il giorno dopo era andato all’asilo e aveva raccontato ai compagni e alla maestra che lui non solo conosceva un supereroe ma che questi era addirittura suo cugino.  

E ora i miei super poteri erano scomparsi?

La paura inizia a crescere, mi sento come se fossi nudo in mezzo a mille persone.

Corro all’armadio e spalanco l’anta riservata alla mia malattia ma trovo solo ripiani liberi, nessuna siringa da insulina, nessun cerotto, ago, dispositivo per il controllo glicemico ….

A questo punto sono veramente nel panico, non so che fare. Cerco di respirare profondamente e di cogliere anche solo uno dei segnali che in ospedale mi hanno insegnato a non sottovalutare ma anzi a rendere dei miei alleati. Scopro che le mani non tremano, la vista non è offuscata, non ho sete e neppure mal di testa.

Riprendo a fissare ogni centimetro del mio fisico, la pelle è rosea e compatta, nessuna cicatrice, nessun arrossamento, nessun cerotto color carne posto a nascondere qualcosa. Osservo con attenzione braccia, pancia, gambe facendo quasi il contorsionista per riuscire a controllare ogni punto ma è tutto normale, stranamente normale, troppo normale!!

Oramai non so più cosa pensare, non riesco a trovare una spiegazione logica. Vorrei chiamare mia mamma ma sono talmente terrorizzato che sono in grado solo di lanciare un grido di paura.

Lei corre nella mia stanza, trovandomi davanti all’armadio spalancato, vorrei parlarle, spiegarmi ma non ci riesco. Lei si avvicina, mi sorride, mi accarezza il volto e mi sussurra:

“Tranquillo, non ci servono più”.

A questo punto mi sveglio, apro gli occhi e mi ritrovo sdraiato nel mio letto, sento immediatamente l’ago del sensore per il controllo della glicemia pungere ed anche l’ingombro del microinfusore. Tiro un sospiro di sollievo e sono felice di essere tornato alla mia realtà.

Non sono un incosciente e neppure sono felice di essere malato, sogno ad occhi aperti, tutti i giorni, che venga inventata una cura per il diabete e seguo con molto interesse i progressi della ricerca.

Molto spesso mi sono anche chiesto perché proprio a me fosse capitata una tale sfida, ma poi ho capito che, come il bucaneve sboccia quando tutti gli altri fiori sono sommersi dalla neve, anche io devo combattere e non lasciare che lo sconforto mi possa sopraffare.

 

Inoltre credo che esistano vari modi per reagire a un dolore o a una malattia: si può fermarsi e aspettare che il destino ci travolga; si può combattere con tutte le forze e magari venire sconfitti oppure si può porsi dinnanzi agli occhi di un bambino.

I più piccoli non hanno filtri, sono lo specchio della verità, ci osservano e immediatamente reagiscono, quindi riuscendo a convincerne anche solo uno si raggiunge un grande traguardo. 

Così come nel famoso film “La vita è bella” un papà fa credere al proprio bimbo che la situazione che stanno vivendo è solo un gioco nel quale devono guadagnare punti, allo stesso modo io divento il protagonista di una storia per il mio cuginetto.

Il mio personaggio è dotato di un equipaggiamento particolare che controlla con uno strano cellulare, sul quale non ci sono video, filmati o messaggi, ma solo grafici e codici. 

È dotato di una forza che gli permette di lanciare un bambino così in alto in piscina come se fosse su un trampolino, o di inseguirlo per tutta casa, di giocare tutto il pomeriggio a calcio o di bloccarlo a terra con una sola mano se fanno la lotta.

Quando poi la forza sembra cedere, esistono le caramelle che per Simone sono come gli spinaci per Braccio di Ferro e subito il gioco ricomincia fino a quando la mia piccola peste, tutta sudata, si sdraia sul divano dichiarando la resa.  

Quindi qual è il sogno della mia vita? Non certo guarire dalla mia malattia, a questo ci penserà la scienza, e neppure sentirmi uguale agli altri, in questo la tecnologia già mi aiuta moltissimo.

È semplicemente quello di continuare ad essere il supereroe del mio cuginetto Jacopo, almeno fino a quando riuscirò a farlo credere a lui e soprattutto a me stesso. 

Visto quello che stiamo vivendo noi e le migliaia di bambini, che stanno scappando dalla guerra, mi auguro che esista un supereroe per ognuno di loro e spero che gli adulti “che contano” inizino a ragionare con la testa dei più piccoli. Tutto sarebbe diretto, colorato, semplice.

 

Locatelli Simone

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