Un lato positivo

30 | 05 | 2023

Un lato positivo

Era l’08 Febbraio 2023, si solo qualche mese fa, quando sulla pressa orizzontale della palestra vicino casa, attendendo i 2 minuti di recupero tra una serie e l’altra, ricevetti quella strana telefonata.
Del diabete di tipo 1 so ancora poche cose, ma sicuramente quel giorno sapevo ancora meno.

Di li a poco, una delle prime cose che scoprì di questa malattia fu proprio che ce l’ho.

Il laboratorio analisi al telefono mi avvisò che stava finendo di predisporre le analisi eseguite quella stessa mattina, ma nel concludere ha voluto anticiparmi che i miei valori glicemici a digiuno erano di 390, invitandomi a recarmi dal mio medico il prima possibile.

Sapevo talmente poco a riguardo che ricordo di aver pensato ad un valore molto alto, forse, ma che sicuramente avrei semplicemente dovuto risistemare seguendo qualche terapia.

Nel dubbio, uscii dalla palestra, ricordai di avere una chiamata in sospeso con mia sorella e la richiamai, tra una cosa e l’altra le dico “senti mi ha chiamato il laboratorio analisi dice che ho la glicemia a 400, che tu sappia è mica così grave?”.
Aveva piovuto, ricordo come fosse oggi il riflesso delle luci sul marciapiede bagnato che percorrevo … e gli istanti di silenzio dall’altra parte del telefono un momento prima che nella mia testa tutto iniziasse.
Dire che da quel momento in poi la vita mi è cambiata è ancora troppo presto, perché in realtà me l’ha, ce l’ha, ancora momentaneamente sospesa.
Neanche un ora dopo ero nello studio del medico, con un glucometro acquistato qualche minuto prima in farmacia, che segnava 530.

Questa diagnosi (questo esordio, come si dice) è arrivata 3 mesi fa. 3 mesi esatti da quel giorno.

Finora la parte peggiore è stata quella di esser dovuto diventare dalla notte al giorno un’altra persona, con un’altra vita, al centro della quale c’è stato un unico principale pensiero: abbassare i livelli di una glicemia a tratti ingestibile e riportarli all’interno di un livello, di un “range”, accettabile. 

All’esordio questi valori erano talmente alti e instabili, e le cure talmente nuove e per me mentalmente spaventose, che l’unica altra costante nelle giornate era l’ansia. 

L’ansia di poter aver sviluppato complicanze senza essermene accorto, l’ansia di essere arrivato in ritardo, l’ansia di non capire se avessi potuto fare qualcosa per evitarlo, l’ansia di stare male ulteriormente.

Qualche giorno dopo, il 14 Febbraio, mi è stata prescritta la mia prima cura insulinica, e devo dirlo, ben poche istruzioni sul come gestirne gli effetti. 

Ho iniziato una trafila di giornate fatte di picchi e cali glicemici quasi incrontrollabili che altro non facevano che aumentare il mio stato di instabilità, corse in ospedale nel mezzo della notte e lunghe attese per stabilizzarmi.

Il diabete di tipo1 (T1D) non è il diabete causato dall’aver mangiato tanti dolci e che quindi non ne potrai mangiare mai più, come erroneamente la maggior parte delle persone pensa.

Il T1D è una malattia autoimmune scatenata da un anticorpo, a causa del quale il pancreas non è più in grado di produrre insulina, ed essendo l’insulina l’ormone che agevola la distribuzione degli zuccheri presenti nel sangue, in assenza di essa, il glucosio rimane “intrappolato” nel sangue aumentando pericolosamente i livelli glicemici.
Nel corso della mia vita ho conosciuto persone diabetiche, principalmente il cui esordio lo hanno avuto da bambini, e devo ammetterlo, non ho mai realizzato quanto impegno e dedizione queste persone dovessero mettere in ogni azione che agli occhi di tutti noi altri potessero sembrare banali. 

Un pranzo fuori porta, una partita a basket, una giornata al mare, una nuotata.   Ogni cosa.

Perché ogni cosa che fai è influenzata e verrà influenzata dai tuoi livelli di glicemia e come tu calcoli il suo affrontarli.
Venire privato di punto in bianco, a 36 anni, della libertà e della spensieratezza della vita che avevi sino al giorno prima, è forse la parte più tosta. 

Quella che tuttora a tratti ci si rifiuta di considerare permanente.

Come ho detto, non sapevo nulla di diabete, ho imparato il poco che so ora grazie anche alla condivisione online di esperienze personali di altre persone come me. È vero che non esiste una cura, ma è anche vero che esiste una terapia che ad oggi grazie alla scienza e alla tecnologia ti permette di vivere (una volta che si impara bene a farlo) una vita normale, sempre con qualche “Ma”.

Le prime settimane avevo timore di condividere quanto mi stesse succedendo, un po’ per paura che l’incubo che stavo vivendo venisse sminuito, un po’ per timore di incappare in soliti luoghi comuni, un po’ per mancanza di conoscenza di cosa effettivamente fosse T1D.

Anche oggi, devo essere sincero, il voler condividere queste parole sono dettate dallo stesso timore…ma ho capito 2 cose:

La prima è che in questi mesi la cosa che più mi ha aiutato è stata la condivisione che ho trovato derivante dagli altri diabetici sui social, la rete di conoscenze e supporto che c’è su Instagram tra diabetici T1D è enorme e non mi può lasciare indifferente tutto il supporto che ricevuto.

La seconda deriva dalla mia necessità personale di condividere questa malattia. 

Il far sapere alle persone che conosco che ora sono anche questo. Sono tante le situazioni a tratti di disagio, a tratti impacciate, le quali ancora non riesco a gestire, e avere la necessità ora di condividerla con tutti è uno step che fa parte di un percorso più grande. Quel che penso più spesso è che ho la sensazione di essere di nuovo bambino, che devo imparare di nuovo a fare tutto quello che ho sempre fatto, ma farlo considerando nuove e fondamentali variabili e cercando di stare in bilico tra la glicemia troppo bassa e quella troppo alta, appunto “in range”, come si dice. Come se avessi giocato al videogioco della mia vita, avessi sbloccato tutti i livelli possibili sino ai 36 anni e di punto in bianco mi fossi svegliato con tutti i livelli di nuovo bloccati, consapevole di cosa ci sia in ognuno di essi ma di nuovo a me non accessibili, perché per poterli sbloccare ora avrò bisogno di nuove modalità di gioco, nuovi strumenti.

Non mi spaventa più parlarne, non mi spaventa (quasi) più dovermi preoccupare di quel che sarà.  Vivrò la vita un giorno alla volta, e ogni giorno ormai da tre mesi è una nuova lezione, la comprensione di qualcosa in più che sino al giorno prima ignoravo. La prima cosa che ho avuto il coraggio di testare dopo più di due mesi è stata l’attività fisica. Tornare lì dove tutto è iniziato. Il primo periodo la paura di non essere in grado di gestire la glicemia nei miei allenamenti era paralizzante, ho letto e riletto come ciò che faccio avrebbe influito sul mio corpo. 

Alla fine di ogni lettura il tutto si riassumeva sempre nel “devi testare su te stesso e vedere come va”.

E così ho fatto.

Tanta pazienza, tanta prudenza e tanta attenzione. È andata bene ed è andata male, ogni volta una lezione diversa. Devo riconoscere di avere la “fortuna” di aver avuto un focus particolare sull’alimentazione in questi ultimi anni che mi ha permesso di affrontare questa malattia sgravandomi dal peso di dover imparare da zero cosa fosse un carboidrato, come gestirne e calcolarne l’assunzione per dosare la giusta quantità di insulina. 

Almeno un lato positivo, mi ripeto spesso.

Cosa mi spaventa ancora?

Mi spaventa dovermi trovare in futuro in mezzo alla gente che non sa, e non riuscire a farmi aiutare. 

Pertanto eccomi qui, a farlo sapere a più persone possibili con un click, e nel caso avessi mai bisogno in un momento di difficoltà, sappiatelo: 

bastano 3 bustine di zucchero, o una Coca Cola, o un succo di frutta, solo questo.

Le trovate sicuramente nelle mie tasche, o nella mia borsa.

Ma perché raccontare tutto questo?

Semplicemente perche ne parlerò spesso, come ho scritto prima è essenziale la condivisione, è stato fondamentale per me avere il supporto della divulgazione delle altre persone. Ho avuto l’opportunità di ricevere risposte non solo da diabetici, ma da Diabetologi, Dietisti, Psicologi, diabetici anch’essi e non, l’opportunità di ricevere consigli, di poter ricevere in dono presidi importantissimi per me in dei momenti di difficoltà, di poter seguire live Zoom gratuite seguite da professionisti che insegnano come fare la conta dei carboidrati, come gestire la relativa Insulina, di partecipare di persona a dei convegni gratuiti. L’opportunità di sentirsi parte di un gruppo enorme di persone che ogni giorno condivide gioie e preoccupazioni comuni a tutti noi e soprattutto l’opportunità di aver avuto accesso facile ed immediato ad informazioni preziosissime che hanno aiutato a placcare le preoccupazioni.

Per questo sarò sempre grato e a disposizione per poter dare supporto a tutte le persone che come me, potrebbero avere bisogno anche solo di una parola di incoraggiamento e di conforto.

 Vorrei sottolineare ciò che ha fatto davvero la differenza per me in questo periodo. La fortuna di aver avuto al mio fianco una persona che dal momento zero di questo esordio ha saputo sempre cosa dire, come dirlo, quando dirlo. La persona che anche quando non sapeva cosa dire e come dirlo, trovava il modo di convincermi che sarebbe andato tutto bene. La persona che ha sempre avuto la capacità di riportami alla realtà dei fatti, allontanandomi dalle preoccupazioni inutili, e spronandomi a reagire. E ha saputo farlo nonostante fossimo lontani dalle nostre famiglie, con il peso enorme di dovermi aiutare a tutti i costi. L’ha fatto reprimendo le sue paure, cercando sempre più risposte alle mie domande, e soprattutto portandomi in ogni secondo delle mie giornate a stamparmi in testa una sola fondamentale verità: 

Che ce l’avremo fatta.

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